La Villa
di Cottanello
Edilizia Edilizia privata di epoca romana in Sabina
Il definitivo inserimento della
Sabina nel mondo romano apportò rapidi cambiamenti nelle strutture
economiche preesistenti e profondi mutamenti nelle forme insediative e
del paesaggio.
Con l'avvento della romanizzazione, avvenuta al termine della III guerra
sannitica ad opera del console Manio Curio Dentato, grande innovazione
nel paesaggio agrario della Sabina è la realizzazione di imponenti
ville rustiche che, accentrando le attività agricole locali, al
contempo causeranno il progressivo abbandono degli antichi nuclei abitati,
costituendo l'asse portante del futuro sistema di sviluppo dell'intera
regione.
Tali modificazioni organizzative delle attività territoriali trasformarono
la fisionomia dell'area, anche se, disseminate per la campagna, continuarono
ancora ad esistere le modeste abitazioni contadine che, in alcuni casi,
potevano anche addensarsi in nuovi villaggi nati lungo i tracciati viari
costruiti o ristrutturati dopo la conquista romana.
E' soprattutto nell'ambito delle grandi ville rustiche che si iniziò
ad assistere, principalmente ad opera della classe senatoria, alla trasformazione
della chiusa economia della piccola proprietà ad un'economia aperta,
incentrata sulla produzione di colture specializzate, organizzata su una
conduzione schiavistica, basata sulla produzione di derrate alimentari
destinate al grande mercato romano, ove dovevano giungere tramite il Tevere
e la via Salaria.
Verosimilmente queste proprietà dovevano essere di media grandezza,
secondo quanto anche Varrone, originario del reatino e proprietario di
fondi agricoli, ci ha tramandato insieme a numerose notizie della situazione
economica e della produzione sabina, e , quando nel De re rustica, enuncia
le caratteristiche dell'azienda agricola ideale fa certamente riferimento
alla realtà della sua terra d'origine.
Anche se, soprattutto per la mancanza di scavi sistematici i rinvenimenti
archeologici non ci forniscono direttamente che pochi elementi sulle produzioni
riconducibili alle attività di queste ville, le fonti letterarie
costituiscono una fondamentale base d'informazione per la conoscenza dell'argomento
e sottolineano l'economia agraria della Sabina meridionale come concentrata
su colture specializzate quali la vite e l'olivo.
Dal I sec. d.C. l'olovicoltura acquistò sempre più importanza
e Galeno, medico vissuto nel II sec. d.C., grande estimatore dell'olio
sabino, lo riteneva superiore tra tutti gli allora conosciuti e lo consigliava
come base essenziale per molti dei preparati farmaceutici; quest'olio
fu l'unico olio italico ad essere paragonato, da Columella, a quello betico,
considerato come il migliore dell'antichità.
Altri prodotti caratteristici furono i fichi, le pesche della varietà
supernatia, le ghiande e le mele.
Oltre all'allevamento degli animali domestici, indispensabili alla vita
delle ville e delle fattorie stesse, diffusissimo fu l'allevamento dei
volatili e, principalmente, quello dei tordi: molti infatti erano i rivenditori
romani che , prendendo in affitto in Sabina uccelliere con gli uccelli,
nelle stagioni non di passo le rivendevano a Roma, ricavandone considerevoli
proventi.
Delle numerose ville della sabina tiberina, ben diversa dalla sabina interna
dove differenti condizioni climatiche e geomorfologiche determinarono
altre forme di insediamento unite a strutture economiche e condizioni
sociali del tutto diverse, restano per lo più le sole opere di
terrazzamento che costituivano la parte basamentale di questi complessi.
Le fonti letterarie riferiscono i nomi di alcuni dei personaggi illustri
proprietari terrieri in Sabina, quali Catone ed il senatore Assio o anche
Cicerone, Orazio ed Agrippa, ricordati come possessori di appezzamenti
di terreno.
La Villa
di Cottanello
Un
interessante esempio di questa tipologia insediativa rurale rappresentato
dalla villa di Cottanello, nell'omonimo comune in provincia di Rieti,
il cui nome alcuni studiosi ipotizzano derivi proprio da una villa esistente
nella zona, appartenuta alla famiglia romana del legato Lucio Arunculeio
Cotta.
Alla fine degli anni '60, i lavori agricoli effettuati in località
Colle Secco, riportarono alla luce un complesso abitativo, fino ad oggi
parzialmente indagato, che occupa un'area rettangolare di circa 90x70
m.
Le campagne di scavo degli anni 1969, 1970 e 1972, condotta dalla Soprintendenza
archeologica per il Lazio con la collaborazione di volontari membri della
"Pro Loco", permisero l'individuazione solo di una parte del
perimetro dell'edificio abitativo.
La villa, che rientra nella tipologia della Domus ad atrio e peristilio,
è caratterizzata da uno sviluppo planimetrico abbastanza articolato
e presenta la maggior parte degli ambienti decorati da interessanti pavimenti
musivi dal repertorio particolarmente ricco.
Questi, tutti in bianco e nero, fatta eccezione per la presenza in alcuni
casi di tessere in rosso Cottanello, sono per lo più a decorazioni
geometriche e, staccati e sottoposti a restauro, sono stati ricollocati
al loro posto protetti da tettoie metalliche.
Oggigiorno si accede alla villa da due ingressi posti a sud-est ed ad
ovest e di quest'ultimo, che doveva costituire l'ingresso al peristilio
ed agli ambienti settentrionali, si conserva ancora un lacerto della pavimentazione
realizzata in blocchi di calcare e rosso Cottanello.
Il peristilio, che in un secondo momento subì delle trasformazioni
essendo stato chiuso sul lato ovest da un muro, costruito con materiali
di recupero, era ornato da quattro colonne sul lato corto e sei sul lato
lungo, con capitelli di ordine tuscanico in calcare e basi, conservatesi,
realizzate in laterizio ricoperto da stucco, in alcune parti ancora con
tracce azzurre di colore.
Il
corridoio posto lungo i lati sud ed est di questo ambiente è pavimentato
da un mosaico decorato da riquadri in rosso Cottanello con motivo centrale
a crocette di tessere bianche, e da questo, tramite un'esedra rettangolare
decorata da un mosaico con motivi a clessidra e piccoli quadrati neri,
separato con un motivo a treccia da un altro a quadrati bicromi, si accede
ad un ampio ambiente identificato come triclinio estivo: pavimentato da
grandi quadrati in tessere bianche, incorniciati da sottili fasce nere,
con ogni probabilità al suo centro doveva presentare un emblema
oggi non più visibile.
L'ambiente era accessibile da tutti i lati: oltre che dal peristilio,
dall'ingresso ad est, successivamente tamponato, che conduceva al portico,
da quello a sud che introduceva al tablinium pavimentato con un mosaico
raffigurante un reticolo di losanghe.
Sui due lati lunghi del tablinio sono disposti simmetricamente quattro
cubicula con tracce d'intonaco alle pareti e mosaici pavimentali semplici
e di gusto molto raffinato con decorazioni rispettivamente in motivo a
nido d'ape, a cancello, schema geometrico costituito da ottagoni allacciati
e quadrati con elementi fitomorfi, a piccoli volatili e maschere teatrali,
a schema geometrico del tipo a quadrati raccordati da stelle lineari di
otto losanghe unite da un motivo a rombo, con inserimenti fitomorfi policromi.
Dal tablino si raggiunge l'atrio, in comunicazione anche con il triclinio
estivo tramite un corridoio parallelo ai cubicula occidentali.
Nell'atrio di tipo tuscanico, l'acqua piovana delle quattro falde del
tetto veniva raccolta nel bacino dell'impluvium da dove era distribuita,
mediante tubature, agli ambienti termali posti nella zona sud-ovest del
complesso.
Il pavimento dell'atrio era decorato a mosaico di tipo a crocette e al
suo centro nell'impluvium (3,80x2,80 m.), pavimentato in opus spicatum,
è possibile individuare alcuni muri in opera incerta riferibili
ad una prima fase di costruzione della villa.
A sud dell'atrio si trovano altri tre ambienti, dalla non definita destinazione
d'uso, dove si conservano lacerti di pavimenti musivi.
Lungo il lato orientale dell'edificio è un portico, in comunicazione
tanto con l'atrio, tramite un accesso poi chiuso, quando con il triclinio
estivo dove si conservano i blocchi scanalati per lo scolo delle acque.
In epoca posteriore, a probabile sistemazione dell'ingresso della villa
su questo lato, il porticato, sotto sui si conserva un cripti-portico
a due bracci realizzato in opera incerta, è stato diviso in due
parti da muri in laterizio.
La zona termale, ad ovest dell'atrio, sembra appartenere ad una seconda
fase dello sviluppo della villa, essendo state rinvenute negli ambienti
tracce di una precedente realizzazione dell'impianto, è stato individuato
il frigidarium, contraddistinto dalla forma circolare con quattro nicchie
contrapposte e pavimento in cocciopesto, sovrapposto a tracce di una precedente
pavimentazione in opus spicatum.
L'attiguo ambiente orientale, attraversato diagonalmente da un fognolo
le cui tracce erano visibili anche sotto il piano pavimentale dell'atrio,
è stato interpretato come tepidarium.
Immediatamente a sud di questo, con un'abside sul lato breve e pavimentazione
in cocciopesto, si trova il calidarium, che a sua volta, come gli altri
ambienti, mostra evidenti tracce di successive trasformazioni.
La destinazione d'uso degli ambienti posti a fianco delle treme non è
certa, m molto probabilmente dovevano essere adibiti a servizi.
Tra la zona termale ed il peristilio sono presenti atri due vani: il primo
ha un pavimento con decorazione del tipo a crocette su fondo nero, un
motivo vegetale a tessere nere su fondo bianco occupa il campo della soglia
orientale, mentre quello della soglia occidentale è decorato da
un gallo ed una gallina di tessere bianche su fondo nero, con cresta e
bargiglio in rosso Cottanello.
Il
secondo ambiente presenta un tappeto musivo a tessere bianche con tessitura
obliqua bordato da due righe nere, mentre il terzo è pavimentato
in cocciopesto con tracce di colore rosso e sul lato conserva parte di
una scala con gradini in calcare, che portava al piano superiore.
Dallo studio delle tecniche costruttive utilizzate, si possono individuare
più periodi nella realizzazione della villa: una prima fase, da
collocare cronologicamente tra la fine del II ed il I sec. a.C., è
caratterizzata dall'opera incerta; una seconda, compresa tra la fine del
I sec. a.C. e la prima metà del I sec. d.C., corrispondente ad
un radicale cambiamento nell'impianto del complesso con la realizzazione
del peristilio e di ambienti di rappresentanza pavimentati a mosaico,
definita dall'opera quasi reticolata e dall'utilizzo del calcare locale
e della pietra rossa di Cottanello; l'ultima, molto più tarda,
contraddistinta dall'opera vittata presso il peristilio con trasformazione
di questo ambiente e con la chiusura di alcuni accessi alla zona porticata.
La villa ha restituito, tra gli altri materiali, un considerevole numero
di lastre di rivestimento riccamente decorate con raffigurazioni di sfingi,
gorgoneia ed elementi vegetali.
Si ringrazia la Dott.ssa Giovanna Alvino della Soprintendenza Archeologica
del Lazio, per la gentile concessione del testo.
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