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Il
Palazzo Orsini-Naro-Patrizi - a cura di Roberta
Duranti
L'esistenza di un nucleo originario risalente al X-XI secolo, giunto
ai nostri giorni solo attraverso piccoli ed esigui frammenti inseriti
in alcuni vani dell'edificio, è comprovata da documentazione
storica risalente al periodo ottoniano (Ottone III imperatore, 980-1002),
in riferimento alle pertinenze spettanti alla Imperialis Abbatia
Farfensis.
In un diploma imperiale dell'anno 817 papa Stefano IV (816-817)
concede all'abate farfense Ignoaldo il Fundus Pompeianus, che comparirà
più tardi anche in un privilegio dell'imperatore Lotario
(795-855); il "Fundus" restò pertanto sotto il diretto
dominio dell'abbazia farfense, investita di tale autorità
ora dall'autorità pontificia, ora da imperatori romani, germanici
o carolingi.
Il Fundus Pompeianus nell'anno 875 è presente in
un atto dell'Abate Giovanni il quale conferisce ad un certo Francone
l'investitura feudale del territorio di Pompeje; due anni dopo,
lo
stesso Francone chiede ed ottiene il permesso di edificare un castello
su un colle del territorio.
Non si conoscono ad oggi notizie relative all'ultimazione e l'assetto
definitivo del castello originario, che con ogni probabilità
fu terminato intorno alla fine del X secolo, poggiato su di uno
sperone di confluenza nella roccia calcarea, che dominava la vallata
del Farfa. |
Le alterne vicende del secolo
successivo, confermano la dipendenza dalla Badia di Farfa, mediante la concessione
del Fundus ai Crescenzi, ai Savelli, ed infine agli Orsini: sul
finire del XII secolo, il signore di Mompeo è Simeotto Orsini.
Una lacuna di testimonianze di oltre un secolo, lascia solo supporre che
il dominio degli Orsini sia rimasto incontaminato fino al 1423, anno in
cui si parla di "Pompejo" in un atto di Bertoldo Orsini
circa una rivendicazione degli eredi Anguillara ed Alberteschi, in base
all' arbitrato pronunciato dal cardinale Giovanni Orsini.
Seguì Troilo, quindi Pierangelo, il quale lasciò erede universale
dei suoi castelli sabini il figlio Pier Francesco. Il testamento fu redatto
a Mompeo, nel castello che era divenuto ormai residenza abituale di Pierangelo,
in una stanza chiamata "de li Palladini", in riferimento ai soggetti
riportati negli affreschi del palazzo orsiniano.
Nell'anno 1559 il feudo è eretto in marchesato durante il dominio
di Alessandro e Virginia Orsini; tale data è riportata nella lapide
che sovrasta la facciata della chiesa principale, in ricordo del restauro
voluto dal popolo "Castri Pompejo" della chiesa dedicata
alla Natività di Maria SS.ma. Il marchesato degli Orsini terminò
nel 1635 con la vendita del feudo di Mompeo ai Capponi di Firenze, i quali
a loro volta lo cedettero, il 15 maggio del 1646 per 39.000 scudi, ai Marchesi
Naro.
Della
struttura "orsiniana" del palazzo baronale, di Bernardino
Naro conservò soltanto due torri, incorporate nella nuova struttura
del Palazzo Baronale; la cultura e l'amore per l'arte di Bernardino,
trasformarono l'assetto del palazzo, dotato all'interno di fontane,
viali e giardini abbelliti con basi di colonne sormontate da sfere
di marmo. La ristrutturazione interessò anche l'intero nucleo
abitato, l'attuale "centro storico", con vie lastricate
ed articolate in funzione del nuovo palazzo baronale, centro della
vita di Mompeo nel XVII secolo; nello stesso periodo il marchese costruì
la porta esterna, in travertino, sulla quale ancora oggi è
ben visibile lo stemma della famiglia patrizia, nonché un sontuoso
colonnato con balaustrata di marmo nella piazzetta antistante la porta
d'accesso al paese.
I Marchesi Naro risultano signori di Mompeo fino al termine del
XVIII secolo, ai quali succedono i marchesi Patrizi.
Il palazzo baronale successivamente risulta di proprietà
dei Luciani di Roma, del com. Ciufici e dell'avv. Baranello, dell'ing.
Di Salvo. Dal 1995 è proprietà del Comune di Mompeo. |
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All'interno del
palazzo, lungo la scala interna di accesso al piano superiore, si trovano
due lapidi commemorative, rispettivamente in onore di Bernardino Naro,
e di papa Urbano VIII, in ricordo dell'amicizia maturata nel tempo, ed
in riferimento ad una tradizione secondo la quale papa Urbano VIII sarebbe
stato ospite dell'amico Bernardino (nunzio apostolico a Parigi e poi capitano
delle guardie) proprio nella nuova residenza di Mompeo; al di sopra delle
lapidi, in nicchie appositamente ricavate vi erano un tempo i busti che
ritraevano i due personaggi illustri.
Di notevole importanza il piano superiore dell'edificio che comprende
una serie di stanze e di saloni di cui sei, sul piano "nobile"
conservano affreschi risalenti al '600. Da un'analisi formale, esposta
dalla Dr.ssa Sonia Amadio nella tesi di laurea in storia dell'Arte del
1994, gli affreschi delle volte sono attribuibili a Vincenzo Manenti (l'Onore,
la Perspicacia, la Fama, e l'Aurora) mentre la Fede e l'Autorità
Spirituale sembrano appartenere al pittore reatino Salvi Castellucci.
L'Onore: Figura
femminile vestita di porpora , raffigurata in piedi davanti ad un piedistallo
regge con una mano una statuetta (forse la vittoria), e con l'altra una
fronda di alloro.
La Perspicacia: Ancora una figura femminile, che il pittore raffigura
nelle vesti di Pallade Atena, dea della saggezza.
La Fama e l'Aurora: gamma cromatica molto chiara e ambientazione all'aria
aperta.
L'Autorità Spirituale: riferibile probabilmente alla lunga amicizia
con il papa Urbano VIII, è una figura che ritrae le vestigia del
capo della Chiesa di Roma;
La Fede: Figura che ricorda i primi martiri della Chiesa.
Si ringrazia il comune di Mompeo per la gentile concessione del testo
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